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brano
 
Livio
Ab urbe condita VIII, 18
 
originale
 
[18] Foedus insequens annus seu intemperie caeli seu humana fraude fuit, M. Claudio Marcello C. Valerio consulibus. + Flaccum Potitumque uarie in annalibus cognomen consulis inuenio; ceterum in eo parui refert quid ueri sit +. illud peruelim + nec omnes auctores sunt + proditum falso esse uenenis absumptos quorum mors infamem annum pestilentia fecerit; sicut proditur tamen res, ne cui auctorum fidem abrogauerim, exponenda est. cum primores ciuitatis similibus morbis eodemque ferme omnes euentu morerentur, ancilla quaedam ad Q. Fabium Maximum aedilem curulem indicaturam se causam publicae pestis professa est, si ab eo fides sibi data esset haud futurum noxae indicium. Fabius confestim rem ad consules, consules ad senatum referunt consensusque ordinis fides indici data. tum patefactum muliebri fraude ciuitatem premi matronasque ea uenena coquere et, si sequi extemplo uelint, manifesto deprehendi posse. secuti indicem et coquentes quasdam medicamenta et recondita alia inuenerunt; quibus in forum delatis et ad uiginti matronis, apud quas deprehensa erant, per uiatorem accitis duae ex eis, Cornelia ac Sergia, patriciae utraque gentis, cum ea medicamenta salubria esse contenderent, ab confutante indice bibere iussae ut se falsum commentam arguerent, spatio ad conloquendum sumpto, cum submoto populo [in conspectu omnium] rem ad ceteras rettulissent, haud abnuentibus et illis bibere, epoto [in conspectu omnium] medicamento suamet ipsae fraude omnes interierunt. comprehensae extemplo earum comites magnum numerum matronarum indicauerunt; ex quibus ad centum septuaginta damnatae; neque de ueneficiis ante eam diem Romae quaesitum est. prodigii ea res loco habita captisque magis mentibus quam consceleratis similis uisa; itaque memoria ex annalibus repetita in secessionibus quondam plebis clauum ab dictatore fixum alienatas[que] discordia mentes hominum eo piaculo compotes sui fecisse, dictatorem claui figendi causa creari placuit. creatus Cn. Quinctilius magistrum equitum L. Valerium dixit, qui fixo clauo magistratu se abdicauerunt.
 
traduzione
 
18 L'anno seguente fu terribile sia per l'inclemenza del tempo sia per le colpe commesse dagli uomini. Consoli erano M. Claudio Marcello e C. Valerio. Negli annali ho variamente trovato Flacco e Potito come soprannomi attribuiti a Valerio: quale sia la verit? non ? per? molto importante. La notizia che vorrei sinceramente fosse falsa (e non tutti gli autori la riportano) ? questa: che gli uomini la cui morte rese memorabile l'anno morirono non per la pestilenza, ma avvelenati. Ci? non ostante, siccome la notizia ci ? stata tramandata, merita di essere riportata onde non togliere credibilit? a qualche storico. Mentre i personaggi pi? in vista della citt? contraevano la medesima malattia e morivano quasi tutti nella stessa maniera, un'ancella si present? all'edile curule Quinto Fabio Massimo dicendo che gli avrebbe rivelato la causa del contagio che affliggeva i cittadini se egli le avesse garantito che quella denuncia non le avrebbe arrecato danno. Fabio rifer? immediatamente la cosa ai consoli i quali la riportarono al senato, e alla donna venne data la garanzia richiesta, con l'approvazione generale dei senatori. Allora l'ancella rivel? che la citt? era in preda all'epidemia per colpa di criminose pratiche femminili, e che i veleni erano opera di alcune matrone: se l'avessero seguita, s?bito, le avrebbero potute cogliere in flagrante. I senatori seguirono la delatrice e trovarono delle donne impegnate a cuocere filtri, e altre pozioni nascoste. Portato il materiale nel foro e convocate una ventina di matrone nelle cui case le pozioni erano state rinvenute, due di esse, Cornelia e Sergia - entrambe di nobile famiglia - sostennero che si trattava di farmaci salutari. Ma poich? la delatrice confutava le loro affermazioni, vennero costrette a bere i preparati in modo da dimostrare al cospetto di tutti che le accuse dell'ancella erano false. Presero tempo per consultarsi e, in disparte, riferirono la cosa alle altre donne; poich? anche queste non erano contrarie a ingerire le pozioni, bevvero tutte d'un fiato, al cospetto del popolo, e morirono per le loro stesse pratiche delittuose. Le loro ancelle, immediatamente arrestate, fecero i nomi di un gran numero di matrone, centosettanta delle quali vennero giudicate colpevoli. Prima di quel giorno non si erano mai tenuti a Roma processi per avvelenamento. La cosa fu ritenuta un prodigio e venne considerata il prodotto di menti folli pi? che criminali. E cos?, siccome negli annali veniva riportato che in passato, in occasione di secessioni della plebe, il dittatore aveva piantato un chiodo e che le menti degli uomini uscite di senno per la discordia erano tornate in s? grazie a quel rito di espiazione, si decise di nominare un dittatore per piantare il chiodo. La scelta cadde su Gneo Quintilio, il quale nomin? maestro di cavalleria Lucio Valerio. Dopo aver piantato il chiodo, i due magistrati rinunciarono alla carica.
 

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